sabato 2 maggio 2015

Solidor: L'agricoltura nella conoscenza del sè



L'agricoltura nella conoscenza del sè

 
Non importa come sarà il raccolto, se ci sarà tanto da mangiare o meno, nel semplice fatto di gettare il seme e dedicarsi teneramente alle piante, sotto la guida della Natura, c’è gioia.”

Così Fukuoka parla a proposito del rapporto tra l’uomo e la Natura.

Lavorando il terreno mi domando, qual è il vero scopo dell’agricoltura?
Qual è l’elemento fondamentale che rende questo rapporto profondo, intimo, imprescindibile?

“L’agricoltura naturale […] il cui vero scopo non è il raccolto, ma il perfezionamento degli esseri umani”

Quindi l’agricoltura è strettamente collegata al percorso personale, alla conoscenza di sé stessi.

E, per riprendere le stesse parole di Fukuoka, si può dire che: Conoscere non è avere idea di qualcosa”.
Generalmente l’essere umano vive avendo idea di “qualche cosa”, ovvero trasformando la realtà in immagini, simboli che gli faranno comodo per spostarsi nell’universo tramite i sensi.

Più cresce e più le immagini create devono venire scomposte, sezionate e analizzate, vissute in maniera esperienziale, “consumate” per togliere da esse il velo e scoprire cosa c’è dietro.

Queste piccole “morti”, l’abbandonare l’immagine verso la verità che si nasconde dietro, fanno molta paura all’uomo che parteggia maggiormente per una vita “tranquilla”, serena, senza sconvolgimenti.

L’agricoltura aiuta nell’affrontare il cambiamento.

Si assiste quotidianamente al processo della trasformazione, dove la pianta che nasce, cresce e si riproduce, muore nuovamente per dare frutto alla terra.

Chi cura l’orto è sicuramente avvantaggiato nel comprendere che niente di quel che si “abbandona”, niente di quello che muore viene disperso, ma torna nuovamente per donare sostanza.

Così è l’uomo quando dona gratis, riceve gratis, perché nello stesso modo in cui dona, se vogliamo fare una parentesi “egoistica”, riceve il doppio di ciò che dona.
Questo significa che, l’uomo che dona gratuitamente si libera dell’ansia, dal peso dell’aspettativa, dal calcolo del prezzo del suo atto, agisce perché lo vuole, non perché soggiace a qualche bisogno affettivo di dipendenza.

Questo è ciò che una piccola pianta, nel suo vivere quotidiano, può insegnare all’uomo.

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