mercoledì 17 settembre 2014

Casa Melissa

L'empatia

immagine da Internet
La nostra attuale comunicazione è alienata da giudizi moralistici o di paragone, dove le persone e i comportamenti nostri e degli altri vengono messi alla gogna perchè non rispettano i nostri giudizi di valore (ovvero le nostre convinzioni riguardo ai modi in cui si può servire meglio la vita).

Esempio giudicante: “Sei una persona disordinata\distratta\irosa\fredda\incapace ecc.”
Esempio di espressione dei nostri bisogni: “Quando la mattina lasci i tuoi panni sparsi per il pavimento (osservazione) mi sento scoraggiata (sentimento) perchè avrei bisogno che i miei sforzi per tenere in ordine la casa siano condivisi (bisogno). Potresti porli nell'armadio prima di uscire? (azione\richiesta)”

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Quando noi o l'altro viene giudicato in“torto” non è a causa di una sua azione o pensiero (l'essere disordinato per esempio).
In realtà è perchè non si comporta, o siamo noi che non ci comportiamo, in armonia con i nostri bisogni (valore del rispetto, ordine, collaborazione e condivisione).
Se agiamo, spinti da un giudizio verso noi stessi, rivolgiamoci verso i nostri bisogni, cercando di capire quali siano quelli insoddisfatti prima di riversare sull'altro la responsabilità della nostra reazione.

Valutando in questo modo i nostri comportamenti come bisogni non soddisfatti, lo stimolo al cambiamento non verrà dal senso di colpa o vergogna, rabbia o depressione, ma dal nostro genuino desiderio di contribuire al benessere nostro e altrui.
Esempio: “Quando è così disordinato mi fa arrabbiare!”
Esempio di responsabilità: “Mi sento frustrata quando vedo i panni sparsi per la stanza perchè avrei bisogno di avere una maggiore connessione e collaborazione (o riconoscimento dei miei sforzi) nel tenere uno spazio ordinato e pulito in casa”

L'essenza della rabbia è pure un bisogno non soddisfatto, e allo stesso modo, la depressione è uno stato di alienazione dei nostri bisogni personali, dove il singolo pone molti giudizi verso se stesso.
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Capire quindi quali sono i bisogni non soddisfatti (che si celano dietro i nostri sentimenti più forti) diviene un'atto conoscitivo che sfocia in una reazione positiva verso la comprensione su noi stessi e gli altri.
Esempio: “Mi sento così inutile, sembra che nessuno mi dia retta!”
Esempio di atto conoscitivo: “Quando intervengo in una conversazione mi sento intimorita perchè non riesco ad esprimermi come vorrei. Avrei bisogno di una maggiore connessione e fiducia verso me stessa così da creare un maggiore contatto con gli altri.”

Come quindi riconoscere gli ostacoli che nascono in un dialogo quando ricerchiamo l'empatia?
Quando carichiamo troppo uno di questi aspetti:
-dare consigli (“Potresti provare\dire...”),
-cercare di commiserare\tirare su di morale (“Oh poverino...”)
-educare l'altro (“Secondo me dovresti...”)
-consolare (“Su coraggio...”)
-raccontare storie (“come è successo a me quella volta..”)
-zittire (“dai su, non starci male”)
-interrogare (“quando è iniziato tutto questo?)
-dare spiegazioni (“Secondo il mio parere lui\lei agisce così perchè...)
-correggere (“Non è così, certamente hai capito male.”

diamo più attenzione all'indagine o a guidare la conversazione piuttosto che concentrarci su ciò che l'altro vuole esprimere\ i suoi bisogni.

Prima quindi di domandare o interrogare l'altro, se per primi vogliamo iniziare la conversazione per una panoramica della sua situazione, possiamo mettere l'interlocutore a suo agio esprimendo i nostri sentimenti e bisogni (quelli che generano la domanda),

Invece di chiedere:
“Che cosa vuoi che faccia per te?” o “Come ti senti?”
Possiamo cambiare la domanda in:
Sono frustrato (sentimento) perchè vorrei che mi fosse più chiaro a cosa ti stai riferendo (bisogno). Saresti disponibile a dirmi che cosa ho fatto che ti porta a vedermi in questo modo (richiesta)?”

Per concludere, possiamo considerare che prima fra tutti, nel dialogo, si pone l'osservazione.
Un'osservazione attenta a non cogliere i lati superficiali, i primi sentimenti espressi, ma che vuole andare in profondità, nella paziente attesa di arrivare all'origine dei bisogni inespressi.
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